Tutti abbiamo visto i molisani mangiare i caciocavalli vivi
Franco di Biase

Ogni mattina mando una foto, spero con caratteri divertenti, alle mie liste di amici. La foto, poi, la condivido su Facebook e, spesso, la invio ad un gruppo di amici su whatsapp.
La foto di stamattina ritraeva il presidente della regione Veneto Zaia, con una didascalia a dir poco incredibile: “Tutti abbiamo visto i molisani mangiare i caciocavalli vivi” per tutta risposta, sul gruppo, un amico ha postato la fake news di Zingaretti che si sarebbe fatto curare in una clinica privata dall’essere positivo al corona virus.
La diatriba tra di noi è nata perché lui ha inteso rispondere “politicamente” a quello che avevo postato. Meh, sappiamo tutti che rispondere politicamente ai caciocavalli è impresa alquanto ardua. Nemmeno Indiana Jones riuscirebbe a venirne fuori.
Detto questo ora scatta la riflessione su quello che è la comunicazione ai tempi di internet e dei sociale.
Quando ero bambino mio nonno mi zittiva perché dovevano seguire “u cumunecate”, il telegiornale. In religioso silenzio si ascoltavano le notizie, ricordo ancor ora le drammatiche notizie della guerra in Vietnam e della tensione politica, ma non solo, del “Medio Oriente”. La prima finì, la seconda continua tutt’oggi pur essendo passati cinquanta anni. Seguire il telegiornale allora significava anche avere un “tornaconto” di crescita nella conoscenza. Per esempio: “…Il presidente della Repubblica Giuseppe Saragat si è recato in visita di Stato in Scandinavia. Le funzioni di Capo dello Stato saranno assolte, durante l’assenza del presidente Saragat, dal Presidente del Senato, Senatore Cesare Merzagora”.
Era un’informazione approfondita e puntuale ma anche abbastanza soporifera, sotto certi aspetti.
Era un’informazione che si rivolgeva anche agli italiani che sino ad allora non avevano avuto la possibilità di avere notizie in diretta, ma non avevano, in tantissimi casi, nemmeno avuto la possibilità di studiare. Quindi l’informazione doveva essere per tutti, ma scendeva di livello proprio per avvantaggiare chi aveva “studiato di meno”.
Passano gli anni, cresce la cultura, almeno si spera, cresce la capacità autonomia di sintesi, i quotidiani si iniziano a vendere molto più di prima anche se molto meno che negli altri paesi terrestri, questo sino a quando non arriva INTERNET.
Le prime uscite della rete, quando erano in pochi ad averla, furono strabilianti. Poter dire “l’ho letto su internet” corrispondeva a: “Mi è apparso ….”. E sotto alcuni aspetti qualcosa del genere è rimasto.
Internet conserva quel fascino misterioso di notiziario più aggiornato e veloce, ma non sempre è così. L’informazione su internet, gioco forza, alle volte è un informazione superficiale, un’informazione di titoli, un’informazione che non scava dentro la notizia, ma che ti porge la notizia e finisce lì.
E qui nasce il pericolo delle notizie fake di internet.
Stamattina si parlava, per esempio, della convalescenza di Zingaretti fatta in una casa di cura privata, notizia risultata poi falsa con denuncia da parte di Zingaretti alle autorità competenti. Questo è il male dei nostri giorni: ragioniamo per e con i soli titoli, non approfondiamo gli argomenti e riescono, alle o volte o spesso, a farci bere dei colossali calici di stronzate.
Adesso sperando di non avervi annoiati, vi saluto cordialmente e come al solito: Statevi arrivederci